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GIRO D’ITALIA DEL IL BONTA’: I PRODOTTI TIPICI NON SI STANCANO MAI

Mentre i ciclisti del Giro d’Italia hanno ormai terminato le 21 tappe di quest’ultima edizione, il Giro d’Italia de Il BonTà prosegue nel suo viaggio attraverso le regioni e le produzioni tipiche di un territorio ricchissimo di specialità. La quinta tappa di questo gustoso tour arriva in Puglia, che con i suoi 235 prodotti tipici si trova nella parte alta della “classifica” dei territori nazionali che più hanno da offrire da questo punto di vista.

Vino, olio, agrumi e formaggi sono tra i prodotti principi del tacco d’Italia; basti pensare al Primitivo di Manduria, vino esportato in tutto il mondo e famoso per una gradazione che può arrivare a 22 gradi, oppure ai 10 oli che hanno ottenuto il prestigioso marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta).

Complessivamente, in Puglia si possono trovare 29 tipologie di formaggi e latte, tra cui i famosi Caciogargano e Canestrato pugliese, 37 ortaggi e conserve, 31 ottimi vini, di cui 25 a marchio DOC (Denominazione di Orgine Controllata) e 11 oli che stanno ottenendo un sempre maggiore apprezzamento anche sui mercati esteri.

Ed è proprio ai mercati internazionali che puntano le tipicità pugliesi: “Quest’anno i nostri prodotti tipici sbarcheranno a Wroclaw, in Polonia – ci ha detto Giuseppe Elia, responsabile della sezione Attività Promozionali del comparto agricoltura della Provincia di Taranto. Abbiamo in progetto una piattaforma commerciale che metta in contatto i nostri produttori con i commercianti di un Paese, la Polonia, che ha grandissime potenzialità per le produzioni italiane.”

Contatto diretto tra produttori, ristoratori e buongustai; questo è quello che cercano le piccole e medie aziende impegnate nel settore delle specialità enogastronomiche, che si ritroveranno anche quest’anno a Cremona in occasione de Il BonTà, il salone delle eccellenze enogastronomiche artigianali in programma dal 13 al 16 novembre, un’occasione in cui già l’anno scorso le migliori produzioni tarantine furono protagoniste tra gli oltre 300 produttori provenienti da tutta Italia.


Intesa in Basilicata per la valorizzazione delle produzioni locali

Il Dipartimento Agricoltura della Regione Basilicata e Unioncamere Basilicata hanno sottoscritto venerdì scorso 15 maggio un accordo operativo – nel solco dell’accordo quadro approvato nel marzo scorso – finalizzato a concordare azioni che favoriscano lo sviluppo economico della regione. Nello specifico, il documento regola i rapporti tra le parti in relazione alla realizzazione di eventi fieristici concordati con il Dipartimento e gestiti direttamente da Unioncamere Basilicata, in regime di cofinanziamento; alla collaborazione del sistema camerale lucano – anche tramite supporto di Retecamere – alla realizzazione di eventi gestiti dalla Regione Basilicata, attraverso l’attivazione di specifici servizi richiesti dal Dipartimento; all’elaborazione, su richiesta del Dipartimento, di studi specifici di settore da parte di Unioncamere Basilicata.

L’impegno finanziario da parte del Dipartimento Agricoltura della Regione Basilicata sarà complessivamente di 700.000 euro, con riferimento agli esercizi 2009 e 2010. “L’accordo siglato questa mattina consolida la fiducia della Regione Basilicata nei confronti del sistema camerale lucano – dichiara il presidente di Unioncamere Basilicata, Pasquale Lamorte – e sancisce nei fatti l’applicazione di quel concetto di sussidiarietà che talvolta, in passato, era stato soltanto enunciato. Una efficace strategia di valorizzazione delle produzioni tipiche e dell’intera filiera agroalimentare, del resto, oggi, non può che vedere il coordinamento di un’attenta regìa globale e l’azione di interlocutori esperti. Le Camere di commercio, in questo contesto, rappresentano un punto di riferimento unico sia dal punto di vista della conoscenza diretta del territorio e del suo sistema produttivo che dell’esperienza in tema di marketing territoriale, internazionalizzazione, innovazione e competitività”. Prossimamente un analogo protocollo di intesa verrà sottoscritto tra Unioncamere Basilicata e il Dipartimento Attività Produttive della Regione.


Coldiretti alla guerra del prosciutto

Coldiretti: “Prosciutti ottenuti da maiali stranieri vengono venduti a molti consumatori convinti di acquistare un prodotto italiano“. Fida: “Statististiche usate in modo spregiudicato per conquistare spazi di mercato a danno della distribuzione”.

Non si ferma l’offensiva di Coldiretti contro il mondo del commercio, con particolare riferimento alla “questione” dei prosciutti. “Se le statistiche ufficiali – ha detto il presidenti di Coldiretti Sergio Marini – dicono che solo il 32% dei prosciutti offerti in Italia proviene da maiali italiani, mentre la Fida Confcommercio afferma che oltre il 90% per cento dei prosciutti venduti sono dichiarati italiani, significa che oltre la metà (58% 90 meno 32) dei prosciutti nei negozi e nei supermercati vengono spacciati per italiani senza esserlo, all’insaputa dei consumatori”.

Anche in questo caso la puntuale replica della Fida non si è fatta attendere: “Ormai è noto – ha commentato il presidente Dino Abbascià – l’uso spregiudicato e strumentale che la Coldiretti fa dei numeri e delle statistiche per conquistare in modo improprio e attraverso una concorrenza sleale spazi di mercato a danno della distribuzione”. “Si va dal bluff, già smascherato recentemente anche dal Sole 24 Ore, dei prezzi più bassi che sarebbero praticati nei farmers’ market, alle accuse del tutto prive di fondamento che vedrebbero la Gdo imporre agli agricoltori accordi capestro”. “Se si è, dunque, arrivati alla guerra del prosciutto – ha osservato Abbascià – vuol dire che la Coldiretti è davvero arrivata ‘all’osso”. “Ma una precisazione è d’obbligo – ha concluso Abbascià – anche per sgombrare il campo da equivoci: nei circa 60.000 negozi alimentari aderenti alla Fida-Confcommercio le quote di mercato dei prosciutti venduti sono così suddivise: prosciutto Parma 61,25%, prosciutti regionali dop (S. Daniele, toscano, ecc) 16,55%, prosciutti nostrani 12,80%, prosciutti esteri 9,40%”.


Una chicca tutta calabrese:la liquirizia Amarelli

In rete vi sono vari siti di commercio elettronico che propongono prodotti tipici calabresi, ma scovando più approfonditamente alcuni di loro fanno della liquirizia Amarelli una apposita famiglia di prodotto, per l’amore che li lega a quella regione, la vicinanza con la fonte di approvvigionamento, la possibilità di scelta nelle varie proposte che l’azienda produttrice offre.La pianta della liquirizia (Glycyrrhiza glabra) è conosciuta ed impiegata da molti secoli e cresce in molti paesi, ma – secondo quanto afferma l’autorevole Enciclopedia Britannica – la migliore qualità di liquirizia “is made in Calabria”.
La storia della relativa trasformazione è molto antica. La famiglia dei Baroni Amarelli si dedica all’estrazione del succo di liquirizia già dal 1500, alternando alla cura del proprio patrimonio agricolo anche un forte impegno militare e culturale. Nel 1731 viene fondato l’attuale “concio” Amarelli, alla cui attività fu dato particolare impulso nel 1800 con il miglioramento dei trasporti marittimi e con i privilegi e le agevolazioni fiscali concesse dai Borbone a queste industrie tipiche.
Dal 1840 in poi vi è testimonianza dell’attività di Domenico Amarelli e dei suoi discendenti, fino a giungere a Nicola, che nel 1907 ammodernò la lavorazione con due caldaie a vapore. Da allora la Amarelli ha incrementato sempre più la sua attività, rimanendo erede pressoché unica di una tradizione tipica della Regione Calabria.
 La gamma dei prodotti comprende tutto quanto si può ricavare dalle radici di liquirizia, svariando e stimolando la curiosità e il palato dei loro internauti:si va,così, dalla liquirizia pura e dal profumo naturale, in tozzetti più grossi (Medaglie) o a pezzetti di più piccole dimensioni, da tenere sempre con se’ per qualunque evenienza (Spezzata e Spezzatina);  con l’aggiunta di aroma di anice (Rombetti) o di menta (Favette); alle liquirizie gommose profumate all’arancia della Calabria (Morette); oppure agli accattivanti “bottoncini” aromatizzati alla violetta (Senatori), un gusto unico che si dirama per tutto l’ambiente circostante; o, ancora, ricordando i pastigliacci a forma di macchinine , di pesciolini o altre strane forme, di una infanzia più o meno lontana (Assabesi);  ed infine, delizie per i più piccini, la liquirizia  confettata (Bianconeri) , o quella celata in opportune pietruzze di mare (Sassolini). 

E che dire, poi, se il gelato fatto in casa, o da specializzate “gelaterie”, utilizza la polvere di liquirizia Amarelli, sì da farne una preparazione originale, dal gusto sincero della vera liquirizia calabrese; ovvero utilizzarne un po’ in svariati usi di cucina (ad esempio il risotto allo zafferano,o il classico liquore alla liquirizia), con un connubio dolce/amaro di tutto riguardo?? A richiesta può essere commissionata presso gli stessi portali, e disponibile in virtù di una forte tradizione meridionale, secondo la quale “non si butta via nulla”, neanche gli scarti della lavorazione. La particolare attenzione che la famiglia Amarelli ha dedicato al prodotto ha portato alla inaugurazione di un apposito Museo della liquirizia “Giorgio Amarelli”, inserito in un antico fabbricato di famiglia opportunamente restaurato. Ne è stata voluta fortemente la realizzazione, nel desiderio di presentare al pubblico una singolare esperienza imprenditoriale, nonché la storia di un prodotto unico del territorio calabrese: in mostra preziosi cimeli di famiglia, utensili agricoli, una collezione di abiti antichi e, infine, macchine per la lavorazione della liquirizia, documenti d’archivio, libri e grafica d’epoca. Interessante ed allettante è la visita che si può svolgere alla struttura, visto che è consentito assistere a buona parte della filiera, dalla estrazione della radice, alla creazione dei filati di liquirizia, alla concreta produzione oltre che, naturalmente, avere opportuna notizia della storia aziendale e delle modalità di coltivazione della radice. 

Una eventuale opportuna passeggiata in loco denota come si sia creato un riuscito connubio di artigianalità e tecnologia in tutte le fasi di trasformazione, a partire dalla materia prima fino al prodotto finito, considerando che buona parte della stessa avviene nell’antico “concio”, luogo tradizionale di produzione, supportando la stessa con reparti ormai sofisticatamente computerizzati, ma sempre sotto la supervisione del “mastro liquoriziaio”, il quale sorveglia opportunamente il giusto grado di solidificazione dei filati di liquirizia. La pasta densa, lucidissima assume le svariate forme, mediante macchinari all’uopo creati sulla scorta dell’esperienza aziendale, e delle esigenze del mercato. Se ciò serve a stuzzicare la vostra golosità, val la pena ridimensionare la nomea secondo la quale la liquirizia fa aumentare la pressione sanguigna:sarà pur vero, ma come per tutti gli alimenti, basta essere moderati negli usi!! E poi che dire delle sue proprietà terapeutiche contro influenza e raffreddore?? Provare per credere…