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Made in Italy: promozione agroalimentare in Nordamerica

La Camera di Commercio di Mantova, la Regione Lombardia, Unioncamere Lombardia e Buonitalia Spa, in collaborazione con Retecamere e con il supporto tecnico di Promos Milano quale soggetto capofila, intendono dare vita ad un articolato progetto di promozione dei prodotti agroalimentari della Lombardia in Nord America (USA e Canada) che si svolgerà da gennaio a dicembre 2010. L’iniziativa, il cui obiettivo principe è quello di favorire la penetrazione delle imprese lombarde all’interno di questi importanti mercati, si rivolge a tutte le aziende agroalimentari lombarde che producono formaggi, vini, salumi, riso, pasta, e altri alimenti appartenenti al settore fine foods e bio, con particolare attenzione ai prodotti DOP ed IGP, i vini DOC e DOCG nonché ai numerosi prodotti tradizionali lombardi. Nelle città di New York, Chicago, Houston, Los Angeles, Montreal, Vancouver, Toronto avranno luogo una serie di azioni di promo-commercializzazione quali, ad esempio: promozione presso catene di ristoranti; degustazioni guidate; angoli promozionali presso catene della Grande Distribuzione Organizzata; eventi promozionali “Assaggia la Lombardia” (marzo, maggio, settembre 2010); corsi di formazione e informazione sui prodotti lombardi presso scuole americane; missioni commerciali ed incontri d’affari in USA e Canada (marzo, maggio, settembre 2010); accoglienza di delegazioni di importatori nordamericani in Lombardia (marzo, maggio, ottobre 2010); supporto ed assistenza alle certificazione dei propri prodotti nel mercato nordamericano.
Le imprese potranno partecipare alle diverse iniziative in calendario nel corso di tutto il 2010 versando una quota che, grazie ai contributi resi disponibili dalla Camera di Commercio, è di 300 euro + IVA e permette alle aziende di partecipare a missioni commerciali, ad incontri d’affari e di proporre i propri prodotti su uno dei mercati, il Nord America, tra i più remunerativi per i prodotti alimentari italiani.

Camera di Commercio di Mantova, Servizio comunicazione, Paola Cortese, tel. 0376 234270


Natale: acquisti Made in Italy per 3 italiani su 4

 

Natale: acquisti Made in Italy per 3 italiani su 4

Coldiretti, ecco i prodotti della tavola a rischio falsificazione

Tre italiani su quattro (75 per cento) per Natale pensano di acquistare prodotti Made in Italy evidenziando un atteggiamento “patriottico” di molto superiore a quello degli altri Paesi europei dove in media solo il 59 per cento dei cittadini metterà sotto l’albero prodotti del proprio Paese. E’ quanto afferma la Coldiretti, sulla base dell’indagine “Xmas Survey 2009” di Deloitte, in occasione dell’incontro su “Il vero Made in Italy fa crescere le imprese e il paese” con la partecipazione del Ministro per le politiche comunitarie Andrea Ronchi e del presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà. in occasione della conversione in legge del cosiddetto “Decreto Ronchi” con la nuova norma su cosa si intende per “prodotto interamente italiano” e la definizione di sanzioni a carico dei falsari.

L’atteggiamento positivo dei consumatori italiani verso il Made in Italy, in occasione delle spese natalizie, è rafforzato – sottolinea la Coldiretti – dall’attenzione verso il rispetto delle norme sociali e ambientali che viene garantito dalla produzione nazionale.


Secondo l’indagine – precisa la Coldiretti – ben l’86 per cento degli italiani non comprerebbe prodotti ottenuti con il lavoro minorile mentre l’82 per cento evita di acquistare prodotti che favoriscono l’emissione di gas ad effetto serra che hanno un impatto sul pianeta, come quelli alimentari importati in Italia da paesi extracomunitari attraverso lunghi trasporti con mezzi inquinanti.

L’attenzione ai prodotti della tradizione italiani è confermata anche dal fatto che le previsioni per cenoni, pranzi e omaggi alimentari delle vacanze di Natale sono – ritiene la Coldiretti – incoraggianti con quasi due italiani su tre (65 per cento) che spenderanno la stessa cifra dello scorso anno ma anche un 16 per cento che prevede di spendere di piu’ mentre un 19 per cento conterrà gli acquisti.

La domanda di prodotti alimentari Made in Italy si scontra però – denuncia il presidente della Coldiretti Sergio Marini – con il fatto che solo un prodotto su tre di quelli venduti nella grande distribuzione italiana è realizzato con prodotti agricoli italiani, ma nessuno lo sa. E’ per questo che Coldiretti si è impegnata nella realizzazione una filiera agricola tutta italiana, un grande sistema agroalimentare, che premi i produttori e offra ai consumatori prodotti di qualità e a un prezzo giusto. Secondo il presidente della Coldiretti, “per ogni prodotto agricolo realizzato nei campi o negli allevamenti situati in Italia, si sviluppa un Made in Italy alimentare cinque volte più grande tra contraffazioni e imitazioni. A fronte di 20 miliardi di export Made in Italy nel mondo, ci sono altri 60 miliardi generati da prodotti che non hanno mai visto il nostro Paese.

In Italia, gli inganni del finto Made in Italy – prosegue la Coldiretti – riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta che è ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori, e la metà delle mozzarelle non a denominazione di origine che sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere mentre si importano 100 milioni di chili di pomodoro concentrato che rappresentano il 15 per cento della produzione nazionale di quello fresco. Secondo l’indagine Coldiretti-Swg la quasi totalità dei cittadini (97 per cento) considera necessario che debba essere sempre indicato in etichetta il luogo di origine della componente agricola contenuta negli alimenti, per colmare una lacuna ancora presente nella legislazione comunitaria e nazionale , ma in Italia la metà della spesa è ancora anonima. Il pressing della Coldiretti ha portato all’obbligo di indicare varietà, qualità e provenienza per l’ortofrutta fresca, le uova, il miele, il latte fresco, il pollo, la passata di pomodoro e dal primo di luglio è arrivato anche l’obbligo di indicare l’origine delle olive impiegate nell’extravergine, ma molto resta ancora da fare e per oltre il 50 per cento della spesa – continua la Coldiretti – l’etichetta resta anonima per la carne di maiale, coniglio e agnello, per la pasta, le conserve vegetali, ma anche per il latte a lunga conservazione e per i formaggi non a denominazione di origine che sono però oggetto di un decreto del Ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia in corso di verifica da parte dell’Unione Europea la quale invece lascia libera circolazione al formaggio parmezan rumeno, all’olio Romulo spagnolo, alla fontina svedese, alla palenta montenegrina, al cambozola tedesco e al barbera bianco romeno.

La mancanza di chiarezza sul vero Made in Italy a livello nazionale e comunitario ha favorito la proliferazione dei prodotti alimentari taroccati all’estero dove – precisa la Coldiretti – le esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy potrebbero quadruplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale che è causa di danni economici, ma anche di immagine. Il rischio reale è che si radichi nelle tavole internazionali un falso Made in Italy che toglie spazio di mercato a quello autentico e banalizza le specialità nostrane frutto di tecniche, tradizioni e territori unici e inimitabili. E’ il caso – spiega la Coldiretti – dei formaggi tipici dove il Parmesan è la punta dell’iceberg diffuso in tutto il mondo, dagli Usa all’Australia, ma ci sono anche il Romano, l’Asiago e il Gorgonzola prodotti negli Stati Uniti dove si trovano anche i l Chianti californiano e inquietanti imitazioni di soppressata calabrese, salame toscano, asiago e pomodori San Marzano “spacciati” come italiane. E in alcuni casi sono i marchi storici ad essere “taroccati” come nel caso della mortadella San Daniele e del prosciutto San Daniele prodotti in Canada.

I Paesi dove sono piu’ diffuse le imitazioni sono Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti dove – denuncia la Coldiretti – appena il 2 per cento dei consumi di formaggio di tipo italiano sono soddisfatti con le importazioni di formaggi Made in Italy, mentre per il resto si tratta di imitazioni e falsificazioni ottenute sul suolo americano con latte statunitense in Wisconsin, New York o California. Ma a preoccupare sono anche le tendenze di Paesi emergenti come la Cina dove il falso Made in Italy è arrivato prima di quello originale e rischia di comprometterne la crescita. “Siamo di fronte a un inganno globale per i consumatori – conclude il presidente della Coldiretti Sergio Marini – che causa danni economici e di immagine alla produzione italiana e che sul piano internazionale va combattuto cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto ma è anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti alimentari.

L’ETICHETTA CON L’ORIGINE SULLE TAVOLE DEGLI ITALIANI

Cibi con l’indicazione di provenienza
E quelli senza

Carne di pollo e derivati
Pasta

Carne bovina
Carne di maiale e salumi

Frutta e verdura fresche
Carne di coniglio

Uova
Frutta e verdura trasformata

Miele
Derivati del pomodoro diversi da passata

Passata di pomodoro
Latte a lunga conservazione

Latte fresco
Formaggi non dop

Pesce
Derivati dei cereali (pane, pasta)

Extravergine di oliva
Carne di pecora e agnello

Fonte: Elaborazioni

IL “FALSO” MADE IN ITALY SULLE TAVOLE DEGLI ITALIANI

DUE PROSCIUTTI SU TRE VENDUTI COME ITALIANI MA PROVENIENTI DA MAIALI ALLEVATI ALL’ESTERO;
TRE CARTONI DI LATTE A LUNGA CONSERVAZIONE SU QUATTRO CHE SONO STRANIERI SENZA INDICAZIONE IN ETICHETTA;
OLTRE UN TERZO DELLA PASTA CHE È OTTENUTA DA GRANO CHE NON È STATO COLTIVATO IN ITALIA;
LA METÀ DELLE MOZZARELLE NON A DENOMINAZIONE DI ORIGINE CHE SONO FATTE CON LATTE O ADDIRITTURA CAGLIATE STRANIERE.

Fonte: Elaborazioni Coldiretti


Intesa in Basilicata per la valorizzazione delle produzioni locali

Il Dipartimento Agricoltura della Regione Basilicata e Unioncamere Basilicata hanno sottoscritto venerdì scorso 15 maggio un accordo operativo – nel solco dell’accordo quadro approvato nel marzo scorso – finalizzato a concordare azioni che favoriscano lo sviluppo economico della regione. Nello specifico, il documento regola i rapporti tra le parti in relazione alla realizzazione di eventi fieristici concordati con il Dipartimento e gestiti direttamente da Unioncamere Basilicata, in regime di cofinanziamento; alla collaborazione del sistema camerale lucano – anche tramite supporto di Retecamere – alla realizzazione di eventi gestiti dalla Regione Basilicata, attraverso l’attivazione di specifici servizi richiesti dal Dipartimento; all’elaborazione, su richiesta del Dipartimento, di studi specifici di settore da parte di Unioncamere Basilicata.

L’impegno finanziario da parte del Dipartimento Agricoltura della Regione Basilicata sarà complessivamente di 700.000 euro, con riferimento agli esercizi 2009 e 2010. “L’accordo siglato questa mattina consolida la fiducia della Regione Basilicata nei confronti del sistema camerale lucano – dichiara il presidente di Unioncamere Basilicata, Pasquale Lamorte – e sancisce nei fatti l’applicazione di quel concetto di sussidiarietà che talvolta, in passato, era stato soltanto enunciato. Una efficace strategia di valorizzazione delle produzioni tipiche e dell’intera filiera agroalimentare, del resto, oggi, non può che vedere il coordinamento di un’attenta regìa globale e l’azione di interlocutori esperti. Le Camere di commercio, in questo contesto, rappresentano un punto di riferimento unico sia dal punto di vista della conoscenza diretta del territorio e del suo sistema produttivo che dell’esperienza in tema di marketing territoriale, internazionalizzazione, innovazione e competitività”. Prossimamente un analogo protocollo di intesa verrà sottoscritto tra Unioncamere Basilicata e il Dipartimento Attività Produttive della Regione.


CONFAGRICOLTURA: IL RILANCIO DELL’OLIO DI OLIVA PASSA ANCHE DALL’INTERPROFESSIONE

Il settore olivicolo registra una preoccupante crisi, con i prezzi all’origine dell’olio d’oliva diminuiti considerevolmente rispetto all’anno scorso. Lo sottolinea Confagricoltura che evidenzia come, anche gli ultimi dati Ismea, confermino la situazione di difficoltà delle aziende olivicole. Ad aprile 2009 rispetto a marzo, i prezzi dell’olio di oliva sono diminuiti del 2,74% e, in un anno, di ben il 25,25% (aprile 2009 su aprile 2008).

Confagricoltura ritiene che con sinergia intersettoriale si possa operare efficacemente e concretamente per l’integrazione della filiera ai fini di una maggiore valorizzazione dei prodotti olivicoli. In questo senso si opererà congiuntamente anche per migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione. E si ha in animo anche di studiare e realizzare un migliore coordinamento dell’immissione del prodotto sul mercato, controllandone le varie fasi.

E’ proprio per questo che Confagricoltura ritiene l’interprofessione uno strumento valido e quindi ha aderito alla esigenza di procedere ad un rilancio dell’Organismo Interprofessionale rendendolo più snello, più operativo e più efficace per il settore olivicolo.