
Cosa c’entrano le fabbriche di bambole con l’uomo che vuole diventare Walt Disney? Perché Iginio Straffi, l’imprenditore marchigiano che ha lanciato il cinema d’animazione made in Italy si propone di controllare degli stabilimenti manifatturieri? Come mai Rainbow, la società fondata dall’industriale di Loreto, ha appena siglato una jointventure produttiva con il colosso tedesco Simba, uno dei maggiori produttori mondiali di giocattoli il cui nome in swahili vuol dire leone?
Prima di rispondere a queste domande bisogna ricordare che lui, Straffi, ha «inventato» le Winx, le sei «maghette» (Musa, Tecna, Bloom, Aisha, Flora e Stella) che fanno impazzire milioni di ragazzine di 130 paesi in cinque continenti. Un bel business, dunque, che nel 2007 ha fatturato 42,3 milioni di euro mentre le stime per il 2008 oscillano attorno ai 55 milioni di euro. Ma soprattutto un’azienda che oggi imbocca una strada affatto originale. E che, dopo essersi sviluppata grazie a tv e cinema, punta con decisione al controllo di una serie di fabbriche disseminate fra Europa ed Estremo Oriente.
Fino ad oggi Rainbow ha ottenuto i suoi proventi essenzialmente da tre canali diversi: 1) Le serie Tv delle Winx (e degli altri cartoni prodotti a Loreto e negli stabilimenti romani del gruppo) trasmesse un po’ in tutto il mondo oltre ai biglietti dei film dedicati alle «maghette»; 2) I fumetti prodotti in parte all’interno del gruppo; 3) Le royalty ottenute sulla vendita dei prodotti a marchio Winx dagli zainetti ai diari scolastici, dalle magliette alle matite e soprattutto alle bambole. L’«indotto» del brand Winx non è uno scherzo: secondo le stime di Straffi, negli ultimi 56 anni, infatti, la somma del fatturato industriale generato dal gruppo marchigiano ha superato abbondantemente un miliardo di euro. E a trainare la crescita sono state proprio le bambole.
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