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Giunta Confagricoltura preoccupata per l’accordo bilaterale sugli ortofrutticoli tra UE e Marocco

Il progetto di accordo bilaterale tra Unione Europea e Marocco, adottato dalla Commissione europea la settimana scorsa dovrebbe entrare in vigore a partire dal 1° gennaio 2011, dopo l’approvazione del Consiglio e del Parlamento europeo. Si prevedono ulteriori condizioni di facilitazioni per le esportazioni degli ortofrutticoli marocchini.

La Giunta esecutiva di Confagricoltura, riunitasi oggi, ha rimarcato con decisione che qualsiasi apertura delle frontiere deve essere basata su regole condivise che tutelino gli interessi del sistema agricolo e tendere al raggiungimento di risultati bilanciati.

“Il Marocco è un Paese amico che ha fatto molti progressi di avvicinamento all’Europa negli ultimi anni; è legittimo, pertanto, che ricerchi miglioramenti ed aperture nel commercio internazionale – ha commentato Confagricoltura -. Questo non giustifica affatto, però, concessioni squilibrate che arrecano pregiudizio alle nostre produzioni ed in particolare al comparto ortofrutticolo che risulterebbe il più colpito se la proposta di accordo UE/Marocco venisse definitivamente approvata ampliando le condizioni di accesso al mercato europeo”.

La via degli accordi bilaterali può essere intrapresa, se attualmente non si vedono alternative, e l’Organizzazione degli imprenditori sottolinea che l’apertura delle frontiere può anche essere una opportunità in più per le imprese europee. Ma alla base ci deve essere l’obiettivo di favorire il nostro export, rimuovendo gli ostacoli tariffari e non tariffari a carico delle nostre merci e introducendo un principio di reciprocità delle condizioni produttive.

E’ poi necessario, prima di decidere qualsiasi ulteriore concessione, che la Commissione europea preveda un preventivo studio di impatto sulle conseguenze di tale accordo introducendo misure compensative a vantaggio degli agricoltori europei che ne subiscono le conseguenze.

“A nostro avviso – conclude Confagricoltura – vanno ridefiniti i rapporti con i Paesi mediterranei in un’ottica che consideri adeguatamente le imprese europee e un approccio che non su basi solo sulle concessioni commerciali ai nostri competitori e che proponga anche strumenti che permettano maggiore liberalizzazione negli scambi tra i Paesi della sponda sud del Mediterraneo”.

UE: MARINI (COL DIRETTI), DOPO L’OLIO, ETICHETTA DI ORIGINE SU TUTTO

La decisione dell’Unione Europea di rendere obbligatoria l’ indicazione dell’origine dell’olio di oliva apre la strada all’etichettatura trasparente per tutti i prodotti alimentari che sono ancora anonimi, dal latte a lunga conservazione a tutti i formaggi, dalla carne di maiale a quella di coniglio ed agnello, dai succhi di frutta alle conserve vegetali. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini che nel commentare positivamente il via libera della Commissione europea a nuove norme Ue sull’etichettatura d’origine obbligatoria per l’olio d’oliva, sottolinea che con la storica svolta dell’Unione Europea cadono gli ostacoli alle norme già in esistenti in Italia e alle iniziative del Governo e del Parlamento a sostegno dell’obbligo di indicare il luogo di origine e provenienza della materia prima agricola utilizzata per tutti gli alimenti.

L’estensione dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle olive impiegate nell’extravergine in tutti i paesi europei è – sottolinea la Coldiretti – una risposta coerente alla necessità di combattere le truffe e di garantire la trasparenza alle scelte di acquisto dei consumatori per evitare che si spacciato come Made in italy olio spremuto da olive spagnole, tunisine o greche. Un rischio che – continua la Coldiretti – ha un forte impatto negativo sui prezzi pagati agli agricoltori italiani che sono crollati del 30 per cento al di sotto dei costi di produzione mettendo a rischio il futuro del settore. Nel 2008 l’Italia – stima la Coldiretti – ha importato circa 500 milioni di chili di olio di oliva che in assenza di etichettatura si “confondono” con la produzione nazionale che è stata pari a poco piu’ di 600 milioni di chili, in aumento del 10 per cento rispetto allo scorso anno e di alta qualità.

Secondo l’indagine Coldiretti-Swg sulle abitudini degli italiani la quasi totalità dei cittadini (98 per cento) considera necessario che debba essere sempre indicato in etichetta il luogo di origine della componente agricola contenuta negli alimenti. Colmare questo ritardo – precisa la Coldiretti – consentirà alle nostre imprese, cooperative e consorzi agrari di valorizzare concretamente il prodotto agricolo nazionale con filiere agroalimentari Made in Italy dal campo alla tavola.

Con le mobilitazioni degli ultimi anni la Coldiretti è riuscita ad ottenere l’obbligo di indicare la provenienza per carne bovina, ortofrutta fresca, uova, miele latte fresco, pollo, passata di pomodoro e extravergine di oliva. Ma l’etichetta – sottolinea la Coldiretti – resta anonima per la carne di maiale, coniglio e agnello, per la pasta, le conserve vegetali come il pomodoro proveniente dalla Cina e i succhi di frutta, ma anche per yogurt, latticini e formaggi non a denominazione di origine.

Si tratta – conclude la Coldiretti – di una difesa anche nei confronti degli inganni a tavola dove vengono spacciati come Made in Italy cibi ottenuti da allevamenti e coltivazioni realizzate migliaia di chilometri di distanza dal Belpaese come nel caso del concentrato di pomodoro cinese rilavorato in Italia o in quello dei prosciutti: quattro su cinque di quelli venduti in Italia provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania, Spagna senza che questo venga chiaramente indicato in etichetta e con l’uso di indicazioni fuorvianti come “di montagna” e “nostrano” che ingannano il consumatore sulla reale origine.