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Dalla Germania un litro di latte su cinque

Con un litro di latte su cinque consumati nel nostro Paese che proviene dalla Germania che è il principale fornitore di latte e derivati dell’Italia con quasi 41 milioni di quintali all’anno in equivalente latte (latte, latticini e formaggi), ma che esporta nella penisola anche grandi quantità di carne di maiale e uova, è necessario introdurre subito l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti gli alimenti come previsto dal disegno di legge che dovrà essere discusso alla Camera per l’approvazione definitiva dopo il consenso raccolto da tutti i gruppi parlamentari al Senato. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare la notizia che oltre alle uova anche il latte tedesco potrebbe essere stato contaminato a seguito dell’utilizzazione di mangime alla diossina che ha portato alla chiusura di oltre 4.700 allevamenti di polli e suini in Germania. L’emergenza tedesca evidenzia la vulnerabilità di un Paese come l’Italia dove oltre il 50 per cento della spesa è anonima con due fette di prosciutto su tre vendute come italiane che sono provenienti da maiali allevati all’estero, tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori, e la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere ma chi acquista – denuncia la Coldiretti – non puo’ saperlo perché non è sempre obbligatorio indicarlo in etichetta. Una situazione particolarmente grave in occasione di emergenze sanitarie come quella in corso in Germania. Per questo ben il 97 per cento degli italiani ritiene che dovrebbe essere sempre indicato il luogo di allevamento o coltivazione dei prodotti contenuti negli alimenti, secondo l’ultima indagine Coldiretti/Swg 2010. Negli ultimi anni, con la mobilitazione a favore della trasparenza dell’informazione, la Coldiretti è riuscita a ottenere l’obbligo di indicare la provenienza per carne bovina, ortofrutta fresca, uova, miele latte fresco, pollo, passata di pomodoro, extravergine di oliva, ma ancora molto resta da fare e l’etichetta resta anonima per circa la metà della spesa dai formaggi ai salumi, dalla pasta ai succhi di frutta. Per le uova – precisa la Coldiretti – dal primo gennaio 2004 è in vigore per le uova un sistema di etichettatura obbligatorio che consente di distinguere tra l’altro la provenienza e il metodo di allevamento particolarmente importante poiché secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat, nei primi dieci mesi del 2010 sono state importate dalla Germania 2,7 milioni di chili di uova, (in guscio,fresche, conservate o cotte), con un aumento del 12 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009. Sulle uova è stato introdotto a livello comunitario un codice che con il primo numero consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), la seconda sigla indica lo Stato in cui è stato deposto (es. IT), seguono le indicazioni relative al codice ISTAT del Comune, alla sigla della Provincia e, infine il codice distintivo dell’allevatore.

Centrale latte: il prezzo non va

Continua il presidio degli allevatori davanti alle grandi centrali del latte. Il latte made in Italy ha un prezzo troppo basso per permettere la sopravvivenda del settore caseario. Gli allevatori chiedono un prezzo equo per il loro prodotto.

Un albero di Natale piantato davanti ai principali stabilimenti di lavorazione della Galbani e della Parmalat, per chiedere il “regalo” dovuto di un giusto prezzo del latte per gli allevatori e per i consumatori che devono poter riconoscere attraverso l’etichetta la produzione veramente Made in Italy. E’ questa la clamorosa protesta degli allevatori della Coldiretti che sono mobilitati durante le festività di Natale per salvare le 43mila stalle italiane dal rischio di chiusura per il prezzo alla stalla offerto dagli industriali ben al di sotto dei costi di produzione.

Davanti allo stabilimento della Galbani di Corteolona in provincia di Pavia e a quello della Parmalat di Collecchio, in provincia di Parma sono stati piantati alberi allestiti con tutte le varietà di prodotti trasformati delle note aziende con la scritta “Cara industria, addio fiducia delle mamme italiane senza latte delle nostre stalle.


Il vero latte italiano lo devi pagare in modo giusto. Firmato Coldiretti” La speranza – sostiene la Coldiretti – è che in questi giorni di riflessione maturi anche nella classe dirigente dell’industria lattiero-casearia la consapevolezza della necessità di salvaguardare e valorizzare il vero latte italiano ed i veri prodotti lattiero-caseari Made in Italy rendendoli riconoscibili in etichetta anche per dare più trasparenza e sicurezza ai consumatori italiani.

Le mucche italiane – sostiene la Coldiretti – sono sottopagate per il latte ad un prezzo inferiore del 30 per cento rispetto al 1996: il latte fresco viene pagato in media dai consumatori 1,35 euro al litro con un ricarico di quattro volte e mezzo (+350 per cento) rispetto ai 30 centesimi riconosciuti in media alla stalla. Si tratta di valori che non coprono i costi di produzione e stanno mettendo a rischio stalle, mucche e lavoro che hanno garantito all’Italia fino ad ora il primato mondiale nella produzione formaggi tipici con il record di 35 riconoscimenti a livello comunitario.

In pericolo – sottolinea la Coldiretti – ci sono 43 mila stalle con quasi 2 milioni di mucche e circa 200 mila occupati che producono un valore di oltre 22 miliardi di euro che rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano. Se le difficoltà sui prezzi sono diffuse in tutta Europa, l’Italia è però – precisa la Coldiretti – l’unico paese produttore comunitario in cui il crollo dei prezzi riconosciuti agli allevatori si è verificato nonostante una sostanziale tenuta dei consumi e l’insufficiente produzione nazionale che arriva a coprire appena il 60 per cento del fabbisogno.

Nell’ultimo anno – denuncia la Coldiretti – sono arrivati in Italia dall’estero ben 1,3 miliardi di litri di latte sterile, 86 milioni di chili di cagliate e 130 milioni di chili di polvere di latte di cui circa 15 milioni di chili di caseina utilizzati in latticini e formaggi. Il risultato – continua la Coldiretti – è che tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri e la metà delle mozzarelle in vendita sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio indicarlo in etichetta. Se si vuole aiutare il settore servono intanto – sostiene Coldiretti – misure di intervento strutturali per la trasparenza come quelle previste dal Decreto, in corso di verifica in sede Ue, che prevede l’obbligo di indicare la provenienza di latte e derivati in etichetta, ma anche il divieto di utilizzare polveri e caseinati in sostituzione del latte per la produzione dei formaggi.

Stiamo reagendo – conclude la Coldiretti – a quelli che rappresentano i due furti ai quali è sottoposta giornalmente l’agricoltura che subisce da una parte il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissà quale parte del mondo come Italiano, e dall’altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i prodotti agricoli a causa di uno strapotere contrattuale da parte dei nuovi forti della filiera agroalimentare.