Archivio mensile:Febbraio 2010

Prodotti tipici alimentari

Prodotti tipici alimentari: sul podio delle speculazioni ci sono pane, carote e pasta.

Per i prodotti tipici alimentari persi 7 miliardi che si aggiungono ai 70 miliardi provocati dal furto di identita’ del Made in Italy

Le inefficienze e le speculazioni lungo la filiera agroalimentare nel 2009 sono costate alle tasche degli italiani e alle imprese agricole oltre 7 miliardi di euro con la classifica top ten dei prodotti tipici alimentari che hanno subito il maggiore ricarico dal campo alla tavola composta nell’ordine da pane (+1745 per cento), carote (+1050 per cento), pasta (+490 per cento), uva da tavola (+422 per cento), radicchio (+390 per cento), limoni (+374 per cento), clementine (372 per cento), finocchi (+369 per cento), arance (+364 per cento) e mandarini (+350 per cento) a pari merito con il latte. E’ quanto emerge dall’analisi presentata dalla Coldiretti all’incontro all’apertura della Fieragricola di Verona “Crisi globale: come ne esce l’agricoltura?”con la partecipazione di esponenti istituzionali, economisti e rappresentanti delle imprese el’esposizione e l’analisi degli inganni piu’ eclatanti che costano caro ai consumatori italiani ed i produttori.

Secondo l’analisi della Coldiretti l’aumento dei prezzi per i prodotti alimentari è stato dell’1,8 per cento nel 2009, un punto percentuale superiore alla media generale dell’inflazione, nonostante il forte calo dell’11 per cento nei prezzi delle materie prime agricole, che sta provocando la chiusura delle aziende. Pochi centesimi pagati agli agricoltori diventano euro al consumo con il risultato di un aumento della forbice nel passaggio dei prodotti dal campo alla tavola durante il quale – sostiene la Coldiretti – i prezzi degli alimenti moltiplicano oggi in media cinque volte. Non meno grave è il danno per le imprese agricole italiane causato dal furto di identità: secondo dati Coldiretti l’inganno del falso Made in Italy a tavola, dovuto alla vendita di prodotti alimentari pagati come italiani senza esserlo, costa 70 miliardi alle tasche dei cittadini e riguarda in Italia due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta e oltre un terzo della pasta che è ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori.


La situazione di difficoltà del settore non dipende solo dalla crisi generale ma dal fatto che – ha sottolineato Marini – stiamo vivendo i drammatici effetti di quelli che sono i due furti ai quali è sottoposta giornalmente la nostra agricoltura: da una parte il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissà quale parte del mondo come italiano; dall’altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i nostri prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori. E’ questo il risultato – ha precisato Marini – dello strapotere contrattuale dei nuovi forti della filiera agroalimentare piu’ che della crisi internazionale. Siamo però la principale organizzazione agricola in Italia ed in Europa e per questo – ha precisato Marini – abbiamo il dovere di accompagnare la protesta con una proposta concreta di lungo periodo perché siamo consapevoli che le norme della politica sono necessarie, ma non sufficienti a garantire in futuro un reddito adeguato agli agricoltori. Questo stiamo facendo, rimboccandoci le maniche con il nostro progetto operativo per una “Filiera agricola tutta italiana” che ha come obiettivo di sostenere il reddito degli agricoltori eliminando le distorsioni e tagliando le intermediazioni con l’offerta attraverso la rete di consorzi agrari, cooperative, farmers market, agriturismi e imprese agricole di prodotti alimentari al cento per cento italiani firmati dagli agricoltori al giusto prezzo.

Abbiamo sostenuto la nascita dell’holding degli agricoltori italiani che ha come protagonista il sistema dei Consorzi Agrari che sviluppa un fatturato di 3 miliardi di euro su 1300 punti di vendita, ai quali fanno riferimento 300mila imprese agricole e un numero crescente di cittadini interessati dall’acquisto di prodotti alimentari genuini della filiera agricola italiana. Consorzi Agrari d’Italia consente la creazione di una rete efficiente di servizi su tutto il territorio nazionale, a partire dal sud, di tipo tecnico-commerciale, finanziario, logistico, ma anche nelle nuove energie agricole e la concentrazione dell’offerta per la commercializzazione delle produzioni con la possibilità di una presenza diretta sul mercato di prodotti agroalimentari “firmati dagli agricoltori” per aumentare il valore aggiunto del settore. Una azione sinergica e moltiplicatrice dei risultati positivi che si stanno realizzando con l’apertura delle centinaia di mercati degli agricoltori attraverso la fondazione Campagna Amica. E da qualche mese è nata Unci Coldiretti con l’obiettivo di realizzare la più grande centrale cooperativa agroalimentare a livello nazionale, che rappresenta la cooperazione che fa crescere le imprese valorizzando l’identità territoriale delle produzioni agricole nazionali in Italia e all’estero. Una semplificazione e razionalizzazione per mettere in rete tutte le risorse disponibili ad impegnarsi – ha concluso Marini – per uscire dalla crisi con un progetto per il Paese

LA TOP TEN DEI RICARICHI DAL CAMPO ALL A TAVOLA NEL 2009

Aumento percentuale

Pane 1745,4%

Carote 1050,0%

pasta 490,3%

Uva da tavola 421,7%

Radicchio 389,6%

Limoni 374,4%

Clementine 372,1%

Finocchi 368,8%

Arance 364,3%

Mandarini 350,0%

Fonte: Elaborazioni Coldiretti

I PRODOTTI IMPORTATI “SPACCIATI” PER MADE IN ITALY

due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero,
tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta
oltre un terzo della pasta che è ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori.
Fonte: Elaborazioni Coldiretti

LE IMPORTAZIONI DI PRODOTTI DALL’ESTERO DESTINATE AL FALSO MADE IN ITALY

86 MILIONI DI CHILI DI CAGLIATE PER MOZZAR ELLE
150 MILIONI DI CHILI DI CONCENTRATO DI POMODORO
2 MILIARDI DI CHILI DI GRANO DURO PER LA PASTA

Fonte: Elaborazioni Coldiretti

La pizza napoletana

Grande vittoria per il made in Italy: la pizza napoletana Stg sulla gazzatta UE

Con la pubblicazione del regolamento 97/2010 della Commissione, riportato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue odierna (L34), la Pizza Napoletana è ufficialmente una Specialità tradizionale garantita dall’Unione Europea e scattano quindi i venti giorni dopo i quali il riconoscimento sarà operativo a tutti gli effetti. A darne notizia è la Coldiretti che ricorda che la pizza napoletana Stg dovrà essere preparata con pomodoro, mozzarella di bufala dop o mozzarella Stg, olio extravergine d’oliva e origano, avere un diametro non superiore ai 35 cm, il bordo rialzato (cornicione) tra 1 e 2 cm e una consistenza insieme morbida, elastica e facilmente piegabile “a libretto”. Il logo europeo Stg potrà essere utilizzato solo se il prodotto è conforme con il disciplinare di produzione, ma purtroppo sarà comunque permessa la possibilità di continuare a usare il nome di pizza napoletana anche per il prodotto non certificato.

Si tratta di una forma di tutela del tutto insufficiente che non impedirà che – ha commentato la Coldiretti – la metà delle pizze servite nelle 25mila pizzerie italiane continui ad essere preparata con ingredienti importati dall’estero: cagliate provenienti dall’est Europa invece della tradizionale mozzarella, pomodoro cinese invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo e farina canadese o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale, all’insaputa dei consumatori. Unici elementi di tutela sono legati al fatto che la mozzarella, secondo il disciplinare, deve essere di bufala Dop ma anche mozzarella Stg, e che la pizza non può essere congelata o surgelata. Niente peraltro viene specificato riguardo al pomodoro, tranne che deve essere sparso con un movimento a spirale.


Se si considera che – ha precisato la Coldiretti – in Italia sono stati importati in un anno 500 milioni di chili di extravergine, 86 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 150 milioni di chili di concentrato di pomodoro e oltre 5 miliardi di chili di grano, è facile capire come il rispetto dell’originalità degli ingredienti e del loro legame con il territorio sia una condizione determinante per la tutela della vera pizza napoletana tradizionale.

Il rischio – ha sostenuto la Coldiretti – è di perdere definitivamente lo storico legame con il territorio di provenienza della pizza che è nata a Napoli a metà del 1700 ed eretta per sempre a vessillo tricolore, con il bianco della mozzarella , il rosso del pomodoro ed il verde del basilico , quando il pizzaiolo Raffaele Esposito dedicò la “pizza Margherita ” alla regina di casa Savoia nel 1889 . Oggi la pizza è la parola italiana piu’ conosciuta all’estero con l’8 per cento, seguita dal cappuccino (7 per cento), dagli spaghetti (7 per cento) e dall’espresso (6 per cento), secondo un sondaggio on line della Societa’ Dante Alighieri.

In Italia ci sono 25mila pizzerie con 120 mila posti di lavoro e un fatturato di 5 miliardi di euro che è in crescita nonostante la crisi, come conferma – conclude la Coldiretti – una recente ricerca Doxa secondo la quale quando si tratta di scegliere qualcosa di “gustoso”, per la pausa pranzo, il 29 per cento degli italiani predilige pasta, ma ben il 26 per cento pizza.